La promulgazione della Legge 170/2010 ha introdotto, nella  già corposa legislazione scolastica, la categoria degli allievi con DSA (disturbi specifici d’apprendimento ) e avviato un processo di ridefinizione delle tipologie di allievi “con modalità di apprendimento diverse” che è sfociato, nel 2012, con l’assunzione dell’acronimo BES – Bisogni Educativi Speciali,  già in uso in Europa dalla fine del secolo scorso.

Particolarmente, l’art. 5 della succitata L. n. 170/2010 prescrive : “gli alunni hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari” e, dunque, cristallizza in capo alle istituzioni scolastiche l’obbligo di adottare una didattica individualizzata e personalizzata per gli alunni DSA, così per come espressamente ribadito anche dall’art. 4 del D.M. nr. 5669/2011.

L’esplicazione materiale di tale onere deve concretizzarsi nell’adozione, nei termini di legge espressamente indicati dalla normativa di settore e che, una volta pervenuta la diagnosi, combaciano con il primo trimestre scolastico,  di un c.d. “Piano Didattico Personalizzato” (PDP), quale documento interamente dedicato agli alunni DSA e contenente la programmazione didattica a loro riservata.  Esso, che deve essere compilato dall’istituzione scolastica nella veste del Consiglio di Classe,   costituisce un vero e proprio patto d’intesa fra docenti, famiglia ed istituzioni socio-sanitarie ed elenca, specificamente, anche le misure dispensative che, adottate nella quotidianità scolastica, debbono consentire all’alunno  DSA di raggiungere un buon livello di autonomia.

Risulta evidente, pertanto, che la mancata adozione del “Piano Didattico Personalizzato” ovvero la sua mancata attuazione generano una effettiva lesione del diritto allo studio costituzionalmente garantito dagli artt. 33 e 34 e fermamente ribadito, per gli studenti DSA, dalla L. nr. 170/2010, sulla scorta del condiviso principio per il quale “la scuola è un servizio pubblico  nel quale l’obbligo di raggiungere determinati risultati è strettamente legato all’obbligo della scuola stessa e degli insegnanti di fornire mezzi idonei al raggiungimento dei risultati medesimi”.

In materia, le numerose pronunce succedutesi hanno delineato i criteri per determinare la competenza giurisdizionale relativa alle domande di risarcimento danni, formulate dagli studenti DSA nell’ipotesi di lesione dei loro diritti.  Segnatamente, la sentenza nr. 2020/2017  emessa dal Tribunale Civile di Bologna ha chiarito che la mancata adozione del PDP da parte dell’istituzione scolastica determina la lesione di un interesse legittimo, concretizzando l’omissione di una corretta attività amministrativa: la competenza giurisdizionale spetterà, quindi,  al Tribunale Amministrativo, competente ad istruire  e decidere anche dell’eventuale domanda di risarcimento danni.

Nella ipotesi  contraria in cui, invece, il PDP adottato, nell’effettività, non venga attuato dalla scuola di appartenenza, in capo allo studente sorgerà un vero e proprio diritto soggettivo e, pertanto, la lesione di quest’ultimo costituirà petitum di procedimenti  giudiziari di competenza del giudice ordinario.

Si aggiunga,  altresì,  che l’onere incombente sulle istituzioni scolastiche non si esaurisce con la mera adozione del PDP;  l’art. 3 della summenzionata L. nr. 170/2010, al comma 3, ordina alle scuole,  difatti,  di attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi ed idonei ad individuare i casi sospetti di alunni con disturbi specifici d’apprendimento. Le istituzioni scolastiche, pertanto, non sono solo chiamate ad intervenire all’esito di una diagnosi terza, espressa a livello socio-sanitario, ma ad esplicare, anche, una attività preventiva di individuazione, dopo attento monitoraggio, dei possibili studenti con bisogni educativi speciali, in virtù del fatto che l’adozione delle modalità di apprendimento diverse risulta necessaria per sintomatologie di disturbo differenti dai casi di handicap già espressamente individuati dalla letteratura medica. Tale norma, dunque, responsabilizza maggiormente la scuola, attribuendole l’ulteriore compito di monitoraggio, in un’ottica di chiara ed evidente corresponsabilità tra famiglia ed istituzione scolastica, al fine di prevenire ed evitare situazioni di affaticamento che potrebbero coinvolgere gli studenti DSA.

In tal senso, il TAR Bolzano, per il tramite della pronuncia nr. 122/2016, ha espressamente censurato il comportamento tenuto dalla istituzione scolastica convenuta poiché, nel corso dell’anno scolastico, non aveva provveduto a notificare alla famiglia alcuna comunicazione relativa alle difficoltà d’apprendimento dell’alunno, poi non ammesso alla classe successiva, violando concretamente l’onere di preventivo monitoraggio.

 

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